sabato 3 novembre 2007

Frankenstein di Mary Shelley


Titolo originale: Mary Shelley's Frankenstein
Anno: 1994
Regia: Kenneth Branagh
Sceneggiatura (non originale): Steph Lady, Frank Darabont
Musiche: Patrick Doyle
Con: Kenneth Branagh, Robert De Niro, Helena Bonham Carter

Stiamo parlando di uno dei film più ingiustamente accusati e stroncati da parte della critica; una serie di giudizi negativi a priori che ne hanno determinato il conseguente insuccesso presso il pubblico. La cosa più imbarazzante è che nessuno è effettivamente riuscito a muovere delle critiche fondate, ma si è accusato il film di ogni carenza sotto tutti i punti di vista, a partire dalla regia fino alle scenografie! Ancora non si capisce da dove sia derivata tutta questa ostilità. Forse dall'interesse mostrato da parte di un produttore americano (Francis Ford Coppola) per una storia tutta britannica, o da un'innata antipatia per le origini irlandesi del regista e attore principale (Kenneth Branagh).
A mio giudizio questo film è da considerarsi tutto tranne che un flop.
Innanzitutto si deve considerare che il film non è certo la prima trasposizione cinematografica della storia del moderno Prometeo, quindi è chiaro che per certi tratti esso si deve distinguere dai predecessori. La storia originale risulta infatti alterata in alcuni tratti, ma è un accorgimento necessario per due motivi: il rinnovamento generale della vicenda e, più importante ancora, la riproposizione di quel senso di paura e angoscia nello spettatore che la stessa Mary Shelley aveva posto come fondamento del suo romanzo alla fine del '700.
In effetti ci sono vari punti in cui questa pellicola si discosta dal libro originale, ma è anche vero che la storia come era stata concepita nel XVIII secolo risulta piuttosto piatta e monotona (del resto la stessa autrice non era certo una scrittrice di professione!).
Rispetto alle pellicole precedenti bisogna dire che finalmente è stato scelto di proporre un'ambientazione nel periodo storico appropriato e non nei primi anni del novecento come si era sempre visto finora.
Gli attori protagonisti, anch'essi accusati dai critici, sono delle scelte di prima classe.
Il regista, nonché interprete del dott. Victor Frankenstein, Kenneth Branagh dimostra di saper ricoprire alla perfezione entrambi i ruoli. Le sue scelte di regia sono ottime e fra queste sono da includere alcune riprese estremamente azzardate e provocative, come l'accostamento del dott. Frankenstein preso dalla disperazione e dalla follia con un crocifisso tristemente appeso su una parete bianca. Inoltre Branagh dimostra di sapersi calare perfettamente nell'interpretazione del suo personaggio: chi non ha notato la sua bravura nello sbalzo di umore di Frankenstein prima e dopo la realizzazione della sua mostruosa creatura? Un'espressione di sentimento che fa cogliere perfettamente tutta la tragicità del personaggio.
E non poteva certo mancare un degno co-protagonista del calibro di Robert De Niro. La creatura che lui interpreta è portata in questo film alla sua massima umanizzazione: scompaiono le dimensioni gigantesche del personaggio delle vecchie pellicole ed i tratti del volto, pur sconvolti dalle cicatrici, non sono poi così sgraziati. La creatura è proprio come un bambino ingenuo, incapace di controllare se stessa ed i propri sentimenti. Non conosce la differenza fra il bene ed il male; se alla fine propenderà per la seconda è solo perché il mondo le insegna ad odiare ed essere odiata.
Infine una stupenda Helena Bonham Carter riesce a dare nuova vita ad un personaggio piatto ed evanescente come la Elizabeth descritta da Mary Shelley. Finalmente vediamo una donna che entra direttamente nella triste vicenda del proprio amante, che fino alla fine cerca di comprendere le sofferenze che sconvolgono Victor e che da esse verrà distrutta, non prima - e qui dobbiamo inchinarci di fronte a questa ardita scelta che si discosta dalla storia orignale - di un atroce tentativo di essere riportata in vita completamente sfigurata.
Una nota finale deve essere riservata alla sublime colonna sonora composta da Patrick Doyle e che vede l'alternanza di tre temi principali: il tema introduttivo a cui si sovrappongono le parole originali con cui Mary Shelley aveva iniziato la sua opera, il tema grandioso e potente della creazione della creatura (ripreso con toni più cupi e tragici durante il tentativo finale di rianimazione di Elizabeth) ed il piacevolissimo tema d'amore, sviluppato nella sua interezza nella scena di profonda passione durante la notte di nozze fra Victor ed Elizabeth.

Nessun commento: